Newsletter 7/2020

Negli ultimi tempi, anche a causa dell’incremento dei flussi migratori, abbiamo assistito ad un aumento notevole dei tentativi da parte delle persone di entrare illegalmente nei paesi del continente europeo. Tali spostamenti illegali, tuttavia, riguardano non solo le frontiere esterne, ma anche quelle interne.

Spesso accade che i clandestini tentino di passare le frontiere tra i vari paesi europei intrufolandosi nei camion adibiti al trasporto merci, e talvolta perfino con l’aiuto dei conducenti. In particolare tale fenomeno interessa il passaggio dal continente europeo alla Gran Bretagna.

Un recentissimo caso da noi trattato, infatti, ha coinvolto un’azienda di autotrasporti che periodicamente effettuava servizio verso il Regno Unito, coinvolto da tale fenomeno nonostante l’incombenza della Brexit.

Al Porto di Calais, mentre il camion era in attesa di essere imbarcato a bordo del traghetto verso il Regno Unito, in seguito ad un controllo del mezzo, le Autorità Inglesi, hanno scoperto la presenza di ben 11 clandestini a bordo, che tentavano di attraversare illegalmente la frontiera. Tale fatto ha comportato per l’azienda una multa di ben £ 6.600, la quale poteva essere agevolmente evitata mettendo in pratica poche semplici regole relative alla formazione degli autisti e alle documentazioni utili da avere a bordo di ogni mezzo.

L’Immigration Act del 1999, infatti, creato per la prevenzione di questo tipo di fenomeni, commina delle sanzioni, di importi pecuniari potenzialmente anche molto elevati, per coloro che non vigilano e non rispettano le prescrizioni imposte per impedire l’ingresso di clandestini a bordo degli automezzi (e, conseguentemente, sul suolo inglese).

Ad esempio, nel caso di cui sopra, la sanzione inflitta ammontava a ben £ 600 per ciascun clandestino trovato a bordo del camion. E, per di più, non è infrequente che oltre alla sanzione comminata all’azienda di trasporto in questi casi ne venga emessa una ulteriore nei confronti degli autisti stessi, che purtroppo si ripercuote in capo alle aziende.

Di fronte a tali eventi (e a fronte delle ingenti somme pagate), numerose aziende di trasporto hanno perfino rinunciato ad effettuare i trasporti verso l’Inghilterra, dal momento che per la normativa inglese vige una sorta di presunzione di colpevolezza: infatti, ogni qualvolta non vengono effettuati i controlli prescritti dalla normativa, ovvero non sia presente sui camion la documentazione richiesta, le aziende vengono sanzionate (ed i ricorsi sistematicamente respinti) indipendentemente dal fatto che gli autisti siano in assoluta ed inequivocabile buona fede.

E’ bene ricordare, a tal proposito, che in Gran Bretagna, in casi di questo tipo, la responsabilità delle aziende ricalca quella di cui all’art. 2049 c.c. (Responsabilità dei padroni e dei committenti).

La ratio della norma, ormai consolidata, è la seguente: chi ha il beneficio dell’opera dei sottoposti ne sopporta anche i rischi, ovvero i padroni sono responsabili per l’operato dei loro sottoposti nell’esercizio delle mansioni loro affidategli.

Ci sono molti casi, certi anche “estremi”, in cui è stata accertata la responsabilità del padrone anche quando il danno cagionato del sottoposto era particolarmente grave. Tale responsabilità è stata accertata, ad esempio, al caso in cui il commesso, incaricato di prendere un oggetto dall’automobile del padrone, ha approfittato della circostanza per usare il veicolo causando un incidente; oppure al caso in cui il dipendente di un ristorante, “scherzando con un coltello”, abbia colpito a morte un amico. In questi casi sussiste responsabilità del datore di lavoro, poiché il dipendente è stato “agevolato nel cagionare il danno, dalle mansioni affidategli”.

Nel caso di cui sopra, infatti, l’autista era stato escluso da qualsiasi tipo di coinvolgimento nel fatto e l’azienda era stata ritenuta l’esclusiva responsabile.

Alla luce di quanto sopra, è assolutamente importante per le aziende di autotrasporto, al fine di evitare le gravose sanzioni economiche previste dall’Immigration Act, avere un effettivo sistema operativo di prevenzione al trasporto illegale di clandestini (ed essere in grado di dimostrarlo nel caso in cui fosse necessario effettuare un ricorso avverso una sanzione).

Appurato che tali eventi possono verificarsi, è importante, effettuare adeguati corsi di formazione specifica degli autisti, spesso ignari non solo del rischio dell’ingresso dei clandestini a bordo degli automezzi, ma anche dei protocolli specifici da seguire per evitare che ciò accada.

Ad esempio, in un differente caso, non è stato nemmeno possibile ricorrere avverso le autorità inglesi per l’annullamento e/o la riduzione delle sanzione, proprio perché l’autista, dopo aver costatato la lacerazione del telo del proprio automezzo, ignorando quali fossero le procedure da seguire (nel caso specifico denunciare il danneggiamento del mezzo ed in nessun caso imbarcarsi prima degli accertamenti da parte delle autorità competenti), aveva condotto ugualmente il camion all’interno del porto, creando un’ulteriore possibilità per i clandestini di entrare nel mezzo, fatto che si è poi effettivamente verificato.

Oltre alla formazione degli autisti, è ugualmente importante dotarsi di tutta la documentazione relativa alla prevenzione fornita dalle autorità inglesi, nonché la documentazione relativa al trasporto, alla merce, ai controlli che periodicamente devono essere effettuati durante la tratta dagli autisti in modo tale da avere gli strumenti necessari, in caso di comminazione di una sanzione, per poter ricorrere e dimostrare di essere dotati dei sistemi operativi di prevenzione e sicurezza richiesti.

E’ in tale ottica di formazione e prevenzione che è opportuno rivolgersi ove necessario a legali e consulenti specializzati nella normativa di settore,  in modo tale da sviluppare da un lato dei protocolli interni di sicurezza adatti alle tratte svolte e aderenti alle normative specifiche dei paesi dove si effettuano i maggiori servizi di trasporto e soprattutto, dall’altro, prima di fornire qualsiasi informazione fuorviante alle autorità inglesi in caso di coinvolgimento in tali eventi, in modo tale da tutelarsi ed evitare di effettuare dichiarazioni, seppur in buona fede, pregiudizievoli in caso di eventuali ricorsi.

Avv. Maria Cristina Bruni