9.06.2015
La vertenza in oggetto scaturiva da asserite responsabilità della Fondazione per danno da emotrasfusione (contagio da HCV), che sarebbe stato riportato dalla de cuius in seguito a trasfusioni effettuate, dal personale medico della Fondazione, nel corso di plurimi interventi chirurgici risalenti al periodo 1987/1988.
Nel 2007, la de cuius (ancora in vita) proponeva una prima azione risarcitoria nei confronti della Fondazione, che veniva rigettata sempre dal Tribunale di Palermo per intervenuta prescrizione.
Nel 2011, a seguito del decesso, gli eredi (figli e nipoti) proponevano una nuova e autonoma azione danni, chiedendo sia il risarcimento spettante alla defunta (iure hereditatis) a titolo contrattuale (diversa dalla qualificazione giuridica operata nel precedente giudizio) sia il risarcimento del danno parentale (iure proprio).
Nonostante nel corso del giudizio il CTU abbia riscontrato sia l’evidenza delle trasfusioni – dal carteggio del riconoscimento dell’indennizzo ex l. 210/1992 – sia il nesso causale tra il contagio e la patologia che ha cagionato la morte, si è riusciti rispettivamente a far respingere, nei confronti della Fondazione:
• sia le domande di risarcimento di danno iure hereditatis, in forza del giudicato già formatosi nel pregresso giudizio;
• sia le domande di risarcimento di danno iure proprio:
circoscrivendo la responsabilità al solo Ministero, che all’epoca dei fatti di causa aveva omesso colpevolmente di approntare i protocolli di screening (HBV, HCV, HIV) sul materiale ematico;
eccependo l’irritualità e l’inammissibilità della richiesta risarcitoria, poiché formulata, in atto di citazione, a titolo contrattuale (pur non risultando un rapporto contrattuale tra gli eredi e la Fondazione). Solo in corso di causa la difesa degli attori, accortasi di tale evidenza, ha tentato d’introdurre anche una domanda risarcitoria a titolo extracontrattuale, di cui abbiamo eccepito la tardività, che stata quindi sancita in sentenza (5395 2015 Tribunale di Palermo)