Le parti coinvolte sostanzialmente nel contratto di compravendita sono il venditore e il compratore o acquirente.
La più importante tra le principali obbligazioni cui deve attenersi il venditore, è quella di garantire il compratore dai vizi della cosa venduta (Art. 1476 c.c., n.3).
Il comma I dell’art. 1490 c.c. precisa che “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata, o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”.
Pertanto, si deve ritenere che l’acquirente di un bene viziato possa agire, ai sensi dell’art. 1490 c. c., nei confronti del venditore. La natura giuridica di questa garanzia ha dato luogo a diverse teorie, i giuristi sono combattuti circa la difficoltà di ricondurre all’inadempimento di un’obbligazione contrattuale una violazione collegata a cause preesistenti al contratto.
La prevalente dottrina e la giurisprudenza (Cassazione sent. n. 3022 del 22.10.74) ravvisano nella garanzia per vizi lo stesso fondamento della garanzia per evizione, cioè una violazione dell’impegno traslativo, considerato comprensivo anche dell’obbligo del venditore di verificare che il bene trasferito abbia i requisiti necessari per la sua utilizzazione ed è un’obbligazione relativa alla responsabilità contrattuale del venditore. I vizi che possono celarsi all’interno del bene compravenduto devono rispondere a determinati requisiti ed avere particolari caratteristiche affinché la garanzia possa affiorare e proteggere l’acquirente.
In primis i vizi devono essere di tale natura da rendere la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata, o da diminuire in modo apprezzabile il valore. Tra le due ipotesi previste dall’art. 1490 c.c. vi è una netta distinzione: la prima si riferisce a difetti strutturali, mentre la seconda comprende quelle deficienze che rendono la cosa soltanto meno idonea all’uso cui è destinata. Nel primo caso rientra l’ipotesi di un motore costruito male che non riesce a funzionare, mentre nella seconda ipotesi rientra l’esempio di un gioiello d’oro di una certa caratura che, successivamente, risulti di minor valore rispetto a quanto certificato alla vendita.
I vizi, inoltre, devono essere occulti; in caso contrario, ai sensi dell’art. 1491 c.c., qualora al momento della conclusione del contratto il compratore avesse conosciuto i vizi oppure se i vizi fossero stati facilmente riconoscibili, la garanzia non è dovuta.
Deve trattarsi, poi, di vizi materiali della cosa, perché i vizi relativi alla condizione giuridica rientrano nella disciplina dell’evizione. I vizi, infine, devono essere preesistenti alla vendita o quantomeno devono derivare da preesistenti cause.
Svolta questa premessa è bene tener presente che non è così ovvio né scontato riuscir a dimostrare correttamente la riconducibilità dei vizi presenti nel bene a queste condizioni sopracitate. A maggior ragione, come nel caso che andremo ad esporre, nell’ipotesi, ormai consueta, in cui il bene non sia nuovo, ma si tratti di merce di seconda mano o comunque già utilizzata.
Un recente caso da noi trattato muoveva proprio dalla richiesta di risarcimento ex articolo 1490 cc correlata alla compravendita di un’autovettura che, al momento stesso della consegna, presentava dei “rumori” sospetti.
Il compratore e il venditore in modo concorde portarono il veicolo in un’autofficina in cui veniva controllato e successivamente riparato, in quell’occasione il venditore riconosceva il vizio presente, siglando a margine della proposta d’acquisto la sua promessa a saldare la fattura relativa alle riparazioni che la macchina avrebbe dovuto subire per l’eliminazione di detta rumorosità.
Tale promessa, ovviamente, rimase disattesa sicché l’acquirente, si è trovato costretto a saldare personalmente, non solo la prima fattura, ma anche le successive che si sono aggiunte al fine di poter riparare completamente l’automobile, ripristinando così la sua funzione e permettendo finalmente allo stesso di poterla utilizzare.
Dopo innumerevoli solleciti, richiami, e intimazioni legali nei confronti del venditore, rimasto inerte e defilato rispetto la questione, l’acquirente ha dovuto ricorrere al Giudice per far valere i suoi diritti e le sue garanzie come sopra esposte.
La sentenza emessasi è rivelata solo parzialmente soddisfacente per lo sfortunato acquirente in quanto, il Giudice si è limitato a riconoscere, come dovuto solo quella parte di danno di cui alla prima fattura di fatto riconosciuta, anche documentalmente tramite la sottoscrizione della proposta di vendita, tra le parti in contesa, mai contestata e mai pagata dal venditore come promesso.
La sentenza cela in realtà una soluzione equitativa per le parti, soprattutto poiché il Giudice esprime dubbi sulla copertura in garanzia dei danni emersi come da successive due fatture, ritenendoli attribuibili alla usura nel tempo trascorso dalla vendita ed anche apparentemente non chiaramente inseribili nelle “condizioni generali” di garanzia sottoscritte nella proposta d’acquisto firmata dalle parti.
Unica misura che avrebbe potuto calibrare al meglio una decisione, soprattutto alla luce di problematiche di natura tecnica e riparazioni meccaniche che difficilmente sono comprensibili agli inesperti nel settore, sarebbe stata una Consulenza Tecnica d’Ufficio, al cui esito poi parametrare la sentenza, che il Giudice non ha voluto disporre.
È bene, quindi, essere consapevoli circa le misure di cui, l’acquirente insoddisfatto del bene ricevuto, deve munirsi prima di andare in contro ad una sentenza “di parziale accoglimento”, che possono essere sintetizzate come di seguito; in primissima analisi è bene controllare sempre, contemporaneamente allo scambio, che il bene non presenti vizi, difformità che tutto sia corretto.
Questo perché quando si procede all’acquisto, in questo specifico caso, di un’automobile di seconda mano sussiste il timore di scoprire, dopo averla comprata, difetti o malfunzionamenti che non erano emersi in fase di trattativa. In questi casi si parla genericamente di vizi occulti.
Quando l’auto usata è acquistata da un concessionario o da un autosalone, il Codice del Consumo ha introdotto nel 2005 la normativa sulla garanzia legale che ha, di fatto, superato il concetto di vizio occulto, introducendo il difetto di conformità e ampliando le tutele per il consumatore.
Nelle compravendite tra privati, invece, la garanzia legale di conformità non si applica e l’unico riferimento di legge in caso di problemi resta l’art.1490 c.c. che impone al venditore di garantire che la cosa venduta sia immune da vizi.
Per tale motivo è sempre bene controllare scrupolosamente il bene. Sull’automobile usata, inoltre non potranno essere considerati vizi occulti quei difetti riconducibili all’uso pregresso, specialmente su veicoli con più di qualche anno di vita. Una sentenza della Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito che:
“Il riferimento al bene come non nuovo comporta che la promessa del venditore è determinata dallo stato del bene stesso conseguente al suo uso, e che le relative qualità si intendono ridotte in ragione dell’usura, che non va considerata come quella che, astrattamente, presenterebbe il bene utilizzato secondo la comune diligenza, bensì come quella concreta che scaturisce dalla reali vicende cui il bene stesso sia stato sottoposto nel periodo precedente la vendita” (Cass.24343/2017).
Non si potrà quindi, ad esempio, contestare il cambio della intera frizione, ma si potrà denunciare un vizio occulto se ad esempio, una spia è stata artificiosamente spenta staccando un filo. Un’eccezione è ammessa se si è in grado di dimostrare che il venditore abbia dichiarato, in mala fede, che l’auto era priva di vizi, perché in questo caso la garanzia è dovuta anche se i difetti erano facilmente riconoscibili (1491c.c.).
I vizi devono essere denunciati entro 8 giorni dal momento in cui vengono scoperti, tranne nel caso in cui il contratto preveda un termine maggiore.
Nella compravendita tra venditore professionista e acquirente privato la clausola “vista e piaciuta” è considerata vessatoria e quindi nulla. Se l’auto usata è acquistata da un privato il contratto può prevedere la limitazione o anche l’esclusione della garanzia.
Questa clausola però, non concede la possibilità di contestare quei difetti individuabili a un esame visivo o riscontrabili facilmente, non certo quelli occulti.
Ad esempio, se si acquista un’auto usata da un privato e quando, successivamente viene portata a fare la revisione ministeriale viene alla luce che è stato rimosso il FAP (Filtro antiparticolato), l’auto non può circolare. In detta ipotesi, con l’ordinaria diligenza, è impossibile accorgersi della modifica perché il vizio era nascosto e non facilmente individuabile, anche se il contratto prevedeva la clausola vista e piaciuta si potrà sempre richiedere al venditore l’applicazione della garanzia.
Per evitare sorprese e ulteriori spese, inoltre oltre ad ispezionare l’auto presso un’officina affidabile e compiere, i controlli amministrativi, come già suggerito, l’acquisto può essere tutelato stipulando una polizza assicurativa sui guasti meccanici. Si tratta di un’assicurazione che interviene in caso di rotture o malfunzionamenti e provvede alla riparazione sostenendo i costi necessari per ricambi e mano d’opera.
Se anche questo non dovesse esser sufficiente, per procedere alla denuncia dei vizi correttamente, è necessario utilizzare sempre la forma scritta, in particolare meglio utilizzare una raccomandata con ricevuta di ritorno (A/R) oppure, se il venditore ne possiede una meglio utilizzare la Posta Elettronica Certificata (PEC), inoltrando quindi una “diffida ad adempiere”, la cosiddetta “messa in mora”, minacciando in difetto di adire le vie legali. La contestazione può contenere anche un’eventuale “perizia” redatta da un professionista.
L’invio della diffida rende formale la contestazione e, se il problema non si risolve, rende formale anche la posizione “inadempiente” della parte che non ha rispettato il contratto.
Se, dopo la denuncia del vizio, l’acquirente non ha alcun riscontro da parte del venditore procederà attraverso l’ausilio di un legale e quindi instaurare una vera e propria azione giudiziaria. Il termine di prescrizione in questo caso è di un anno.
Il codice civile stabilisce in questi casi che la parte che subisce l’inadempienza può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto. In ambedue i casi, in aggiunta, può essere chiesto il risarcimento del danno, che risulterà più semplice provare se correttamente si sono rispettati i precedenti passaggi e siano quindi di facile dimostrazione i danni subiti a causa dei difetti riscontrati che hanno, anche solo temporaneamente reso inutilizzabile il bene.
Avv. M Cristina Bruni Dott.ssa Marta Guidetti