Newsletter 3/2020

La sentenza rigurda il ricorso degli eredi di un autista deceduto in incidente stradale, alla guida dell’automezzo aziendale.

La Corte di Cassazione ritiene che:

  • “in linea di diritto è noto che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro sia responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, pure qualora sia ascrivibile non soltanto ad una sua disattenzione, ma anche ad imperizia, negligenza e imprudenza (Cass. 10 settembre 2009, n. 19494); sicchè, egli è totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore assuma caratteri di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell’evento (Cass. 17 febbraio 2009, n. 3786; Cass. 13 gennaio 2017, n. 798)”.

Se invece non ricorrono i caratteri dell’abnormità nel comportamento del lavoratore il datore di lavoro è integralmente responsabile dell’infortunio  dipendente dalla inosservanza delle norme antinfortunistiche  qualora la violazione dell’obbligo di sicurezza integri l’unico fattore causale dell’evento.

Non rileva in questo caso infatti in alcun modo il concorso di colpa del lavoratore, posto che il datore di lavoro deve tutelare l’incolumità dei lavoratori suoi dipendenti nonostante la  loro imprudenza e negligenza.

Tuttavia la Corte continua affermando che:

  • “Ma gli enunciati principi di diritto, assolutamente consolidati, presuppongono che il lavoratore, il quale lamenti di avere subito un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa svolta, offra la prova, oltre che dell’esistenza di tale danno, della nocività dell’ambiente di lavoro (con tale espressione intesa la mancata adozione delle suddette misure protettive) e del nesso di causalità tra l’una e l’altra: soltanto se il lavoratore abbia fornito una tale prova, sussistendo per il datore di lavoro l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno (Cass. 4 febbraio 2016, n. 2209; Cass. 8 ottobre 2018, n. 24742; Cass. 27 febbraio 2019, n. 5749)”.

Solo se il dipendente riesce a fornire questa prova vi sarà in capo al datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.

Pertanto su queste premesse la Cassazione con la sentenza n.27916/2019 ha concluso per l’insussistenza di responsabilità dell’impresa: ha infatti accertato l’inesistenza di alcuna incidenza causale nella determinazione del sinistro della condotta datoriale sul rispetto delle disposizioni di protezione.

Sono così state ritenute ininfluenti nella causazione del sinistro mortale dell’autista, tanto l’usura degli pneumatici quanto il sovraccarico del mezzo superiore di 20 quintali ai limiti di legge. La responsabilità esclusiva per quanto capitato è stata infatti rinvenuta nella condotta imprudente di guida dell’autista  che guidava il mezzo a velocità non moderata calcolata superiore a 70 km orari su strada curvilinea e quindi prossima al ribaltamento.