Newsletter 9/2020

La posta elettronica certificata (Pec), per definizione è un tipo particolare di posta elettronica che permette di conferire ad un messaggio di posta elettronica lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento tradizionale a mezzo posta, garantendo così la prova della ricezione e dell’avvenuta consegna.

Sulla base del Cad (Codice dell’Amministrazione Digitale) per dare validità ai documenti inviati via Pec è necessaria la presenza della “firma digitale”, una firma elettronica basata su un sistema di chiavi crittografiche, che consente al titolare e al destinatario di verificare la provenienza e l’integrità del documento informatico.

Questa premessa permette di introdurre l’argomento chiave trattato dal nuovo articolo 37 del Decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, entrato ufficialmente in vigore il 17 luglio 2020; ovvero PEC e domicilio digitale oggi diventano obbligatori tra imprese, professionisti e Pubblica Amministrazione ed è necessaria per meglio illustrare la nuova disciplina di cui all’art. 37 del Decreto Legge n. 76 del 16 luglio 2020 (c.d. Decreto Semplificazioni)

Il Decreto Semplificazioni contiene, dunque, una serie di misure volte a recuperare la produttività e l’efficienza delle attività d’impresa che, durante il periodo di lockdown imposto dall’emergenza sanitaria, sono state forzatamente decelerate; nello specifico l’obbiettivo è quello di tentare di rendere più agili e veloci i rapporti tra Amministrazioni Pubbliche, imprese e professionisti, riducendo le procedure burocratiche e rendendo la comunicazione più rapida. Per fare ciò, peraltro, è stato previsto altresì l’utilizzo di sanzioni pecuniarie per coloro che non si allineino con la nuova disciplina nei tempi stabiliti dal decreto.

L’obbligo di dotarsi di una Pec, in realtà, non risulta essere nuovo al nostro ordinamento: venne introdotto già nel 2008, ma, con esiti discutibili: le allora disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale imponevano alle imprese costituite in forma societaria, la comunicazione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata al Registro delle imprese e ai professionisti iscritti agli albi, la comunicazione ai rispettivi ordini o collegi, allo scopo di creare un sistema sicuro, definito e organico delle comunicazioni tra imprese.

Gli esiti auspicati tuttavia, non sono mai stati realizzati, anche (se non soprattutto) a causa della mancata previsione di un regime sanzionatorio per le imprese e/o professionisti che non si dotavano di posta elettronica o che omettevano le predette comunicazioni.

Ad oggi, infatti, più di 1 milione di imprese non sono dotate di indirizzo Pec regolarmente funzionante, e tale mancanza porta inevitabilmente ad un allungamento dei tempi richiesti per qualsiasi tipo di comunicazione che debba avere valore legale.

La mancanza di un indirizzo PEC, inoltre, impedisce al mittente di poter usufruire delle maggiori garanzie legali ad essa legate rispetto alla semplice raccomandata A/R.

Attraverso la PEC vi è una certificazione sia dell’avvenuta ricezione di un messaggio (con la relativa e precisa indicazione temporale) sia del contenuto del messaggio stesso.

Tali caratteristiche relative all’utilizzo della posta elettronica certificata, oltre ad essere utili nei rapporti tra imprese e P.A., diventano strumenti fondamentali anche in ambito legale: la PEC, infatti, può essere utilizzata anche per la notificazione di atti giudiziari, quali ad esempio i ricorsi e gli atti di citazione, che normalmente devono essere notificati attraverso gli Ufficiali Giudiziari, con tutte le conseguenze in termini di velocità delle procedure e in punto costi per le imprese.

L’obbiettivo della disciplina di cui all’art 37 del Decreto semplificazioni è di promuovere attraverso una serie di modifiche al codice dell’Amministrazione digitale (D.lgs n. 82/2015), l’utilizzo della la posta elettronica certificata, quale prerequisito necessario per svolgere attività d’impresa ed essere regolarmente iscritti nel Registro delle Imprese.

Il Decreto Semplificazioni ha previsto uno specifico regime sanzionatorio sia per le società che per le imprese individuali: in particolare, con riferimento all’art 2630 c.c., la sanzione sopracitata rientra in un range  minimo di Euro 206 e un massimo di Euro 2.064 per le società e un minimo di Euro 30 a un massimo di Euro 1.548 per le imprese individuali che entro il primo ottobre 2020 non avranno iscritto nel Registro della Imprese un domicilio digitale regolarmente attivo e funzionante.

Pertanto entro il primo Ottobre le imprese non dotate di questo tipo di servizio dovranno attivarsi per acquisirne uno presso i soggetti certificati dall’Agenzia per l’Italia digitale.

Inoltre chi già lo possiede dovrà ugualmente premurarsi di verificare se il proprio indirizzo PEC è ancora attivo e rinnovarlo nel caso fosse scaduto perché il Decreto prevede, anche il caso in cui un indirizzo Pec, pur esistente, risulti inattivo o lo diventi nel corso del tempo anche per un ritardo nel rinnovo la cancellazione dell’indirizzo (previa diffida) e l’applicazione della sanzione con l’assegnazione immediata di un nuovo indirizzo attivo.

Ulteriore novità introdotta dallo stesso Decreto prevede la possibilità per le Pubbliche Amministrazioni di comunicare più indirizzi di posta elettronica certificata, ognuno dei quali corrispondenti ai propri organi o articolazioni territoriali specifiche. Detti indirizzi confluiscono in una speciale sezione dell’elenco già previsto al citato articolo 16 del decreto legge n. 179 del 2012.

Nella speranza che queste modifiche e incentivi portino effettivamente alla creazione di un sistema più limpido e a corrispondenze ancor più immediate e adeguate alle tecnologie di cui oggi disponiamo, è bene ricordare che esse rimangono strumento che spetta alle imprese gestire e sfruttare al meglio. La gestione dell’indirizzo Pec, dovrà sempre essere curata e controllata: solo in questo modo detto strumento potrà divenire realmente efficiente e utile, così come auspicato dal legislatore.

Avv. Maria Cristina Bruni