Il licenziamento “orale” da parte del datore di lavoro è una dannosa pratica purtroppo non molto lontana dalla realtà del mondo del lavoro, ritornata in auge negli ultimi tempi.

La cessazione del rapporto di lavoro, com’è noto, in genere richiede la forma scritta ad substantiam e, pertanto, l’eventuale impugnativa del licenziamento da parte del lavoratore asseritamente intimato in forma “orale” dal datore di lavoro richiede inevitabilmente una dimostrazione dell’evento da cui discendano le conseguenze legate al licenziamento.

E’, altresì, noto, secondo i principi del nostro ordinamento giuridico, che anche nel rapporto di lavoro subordinato, come in tutti i rapporti di durata, la parte che ne deduca l’estinzione è tenuta a dimostrare – in conformità al principio relativo alla ripartizione dell’onere probatorio dettato dall’art. 2697 c.c. – la sussistenza di un fatto idoneo alla sua risoluzione.

Nel caso oggetto di esame su chi incombe l’onus probandi che il datore di lavoro abbia intimato una risoluzione del rapporto di lavoro in forma orale?

In materia esiste da qualche anno un dibattito ed un contrasto molto acceso da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Alcuna parte della giurisprudenza ritiene sufficiente per il lavoratore che impugna il licenziamento orale la prova della “cessazione” del rapporto lavorativo, mentre secondo altro orientamento l’onere probatorio del licenziamento dovrebbe gravare sul ricorrente/lavoratore non essendo ammissibile, in materia, alcuna inversione dell’onere probatorio.

Molto recentemente è intervenuta, sul tema, la Suprema Corte, Sez. Lav., la quale, con sentenza n° 149/2021 depositata l’8 gennaio u.s., non soltanto ha confermato l’adesione a quella parte di giurisprudenza che ritiene il ricorrente/lavoratore gravato dell’onere di dimostrare l’esistenza di un licenziamento, spettando, di contro, al datore di lavoro dimostrare la legittimità dello stesso, ma ha, inoltre, statuito che la mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento”.

La mera cessazione delle prestazioni lavorative può costituire, difatti, un significato polivalente e, pertanto, secondo questo recentissimo orientamento, il lavoratore, facendo uso di tutti i mezzi di prova messi a disposizione dal nostro ordinamento, dovrà fornire al Giudice ulteriori elementi fattuali atti a formare il Suo convincimento di aver adeguatamente assolto al proprio onere probatorio circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa del datore.

Si consiglia, pertanto, di porre adeguata attenzione alle prove e conseguentemente agli aspetti istruttori della causa che, nel senso evidenziato, possono determinare l’accoglimento ovvero il rigetto delle pretese avanzate in giudizio.

Avv. Maria Cristina Bruni                                     Avv. Chiara Caponegro