Con la recente pronuncia del 12 gennaio 2022 il Tribunale di Ravenna, adducendo motivazioni alquanto innovative rispetto agli orientamenti consolidati pregressi, si è espresso sul caso di un licenziamento comminato da una società nei confronti di un dipendente a distanza di un considerevole lasso di tempo dalla scoperta della condotta illecita di quest’ultimo.

Brevemente, il caso riguardava un lavoratore assunto in una società come quadro, le cui mansioni consistevano nell’organizzare e creare una rete di vendita e/o agenzie con attività di selezione e formazione di figure professionali da espletarsi in paesi esteri. Le varie contestazioni mosse al dipendente, in particolare, si riferivano al fatto che il medesimo, in numerose occasioni, non si era recato nei territori esteri nei quali avrebbe dovuto svolgere la sua attività lavorativa, al contrario trovandosi in altri luoghi non previsti dal contratto di lavoro.

Il dipendente, a tutela dei propri diritti, aveva agito in giudizio contro il licenziamento, eccependo la tardività del procedimento disciplinare avviato dalla propria datrice di lavoro nei suoi confronti in quanto promosso molti mesi dopo l’effettiva scoperta dei fatti, nonostante la società avesse avuto fin da subito la totale disponibilità della documentazione (quali fatture attestanti spese sostenute dal dipendente in posti diversi da quelli in cui avrebbe dovuto svolgere la propria attività) per poter contestare gli addebiti nell’immediato.

Quanto alla tempestività, la Corte di Cassazione da tempo ritiene che, in materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi considerare il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa, fermo restando che la valutazione delle suddette circostanze è riservata al Giudice di merito.

Il Tribunale di Ravenna ha accolto le difese del lavoratore e ha dichiarato illegittimo l’impugnato licenziamento, condannando la società a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro, con ciò applicando la specifica tutela reintegratoria di cui all’art. 18, comma 4, Legge 300/70.  Il giudicante, infatti, ha ritenuto – discostandosi dal precedente orientamento giurisprudenziale espresso da ultimo dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 30985/2017 – che nel caso di specie non possa trovare applicazione la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 5 della medesima legge.

Il Giudice dell’ordinanza in commento, nel prendere le distanze dal precedente giurisprudenziale richiamato, ha affermato che la tardività di una contestazione disciplinare debba qualificarsi come prova dell’insussistenza in concreto del fatto giuridico contestato, atteso che l’inerzia del datore di lavoro di fronte alla condotta astrattamente inadempiente del lavoratore può essere considerata come dichiarazione implicita dell’insussistenza in concreto di alcuna lesione dell’interesse datoriale.

A tal proposito, il Tribunale ha puntualmente argomentato che: “se un fatto non è stato tempestivamente represso, non avendo avuto il datore di lavoro alcun interesse a sanzionarlo in tempo utile, il licenziamento tardivo è evidentemente avvenuto non per quel fatto, sul quale si è appunto soprasseduto; dunque, il fatto non può sussistere (giuridicamente), come fondamento di quel determinato, tardivo licenziamento (essendo irrilevante stabilire se, col senno di poi, tale fatto, laddove tempestivamente contestato, sarebbe stato sussistente o meno). Si tratta di un fenomeno che potrebbe chiamarsi di insussistenza giuridica sopravvenuta del fatto”.

In sostanza, per l’ordinanza in oggetto, un fatto perdonato non può ritornare ad essere un fatto da un punto di vista disciplinare rilevante e giustificare un licenziamento tardivo.
Il Tribunale, traendo le fila del discorso, ha poi concluso che “un fatto sul quale il datore di lavoro ha inequivocabilmente soprasseduto al momento della commissione dello stesso e nell’arco di tempo necessario per la sua emersione e valutazione, non può che essere considerato giuridicamente insussistente laddove posto a fondamento di un licenziamento tardivo, con conseguente applicazione del 4° comma dell’art. 18”.

Avv. M. Cristina Bruni            Avv. Stefania Rampoldi